di Melville Chater

Per la rivista National Geographic, febbraio 1931

Quinta parte

Link quarta parte

La carne di maiale divide i gheghi cristiani dai toschi musulmani

Ci eravamo allontanati un bel po' da Kroia, quando la presenza di un maiale che gironzolava liberamente in mezzo alla strada ci dimostrò che eravamo giunti nella “zona del maiale” la quale, dal punto di vista gastronomico, divide i gheghi cristiani dai toschi musulmani. Era chiaro che eravamo entrati nella zona di influenza delle tribù del Nord, dove fanno le imboscate e praticano la vendetta. Questo lo abbiamo capito osservando dei passanti che erano armati fino ai denti, e camminavano a due a due. Era giorno di mercato. In nessun posto d'Europa trovi un ambiente così pieno di colori come quello rallegrato dai costumi tradizionali dei montanari dell'Albania. Se un fotografo li volesse immortalare, dovrebbe avere per lo meno quattro mani e due teste. Qui gli uomini indossano pantaloni stretti. Le donne della zona vestono dei corsetti con delle cinture metalliche, cui si aggiunge una corda legata intorno al corpo che inizia dal petto e scende fino alla pancia.

Una ragazza nel giorno del suo matrimonio. (foto: L.F.Hurlong)

Una ragazza nel giorno del suo matrimonio. (foto: L.F.Hurlong)

Per capire il perché di tale vestito, basta guardare come le donne si caricano sulla schiena i sacchi con la farina o le giare con l'acqua. Nessun circo si può paragonare con il mercato di Scutari. Dove finiscono le gomme delle macchine? Domandate al gobbo che prepara le suole per i sandali dei montanari. Com'è stato fatto quel piatto per il formaggio? Non è che il tronco di un albero che un montanaro, con tanta pazienza, ha svuotato dall'interno, piano-piano, per un mese intero, e alla fine lo vende soltanto per un dollaro e mezzo. Cosa hanno da discutere con tanta passione tutti questi gruppi di persone che sono radunate sotto gli alberi, oppure negli strani bar improvvisati che servono bevande fredde, raffreddate con la neve delle montagne? Il mercato di Scutari è una occasione di incontro che viene colta dai rappresentanti delle varie tribù, un evento sociale importante per il quale i montanari scendono dal paese che si chiama Malsia e Madhe (la Grande Montagna).

A cavallo nel paese della grande montagna

Alla fine cosa possiamo dire della bella ragazza che sta in piedi vicino al pozzo, vestita con un costume tipico meraviglioso, gilè dorato, collana impreziosita con una moneta d'oro? Non abbiamo bisogno di spiegare quale merce stia mostrando. È vestita in questa maniera per avvicinare un giovane di un'altra tribù amica della sua. La visita al mercato di Scutari suscita in noi la curiosità di vedere come vivono i montanari del nord dell'Albania. Così parcheggiamo la macchina e affittiamo dei cavalli. Ci accompagnano una guida e un traduttore. Iniziamo a viaggiare in una zona selvaggia e pericolosa, dove raramente passano esseri umani. Questa zona si chiama Malësia e Madhe che, tradotto, significa “il paese della grande montagna”. Nei pressi del villaggio chiamato Shkrel iniziamo a salire su un’altura che avevamo notato all'orizzonte fin dall'inizio di questa nostra escursione. Sei ore più tardi siamo arrivati nella chiesa di Boga dove centinaia di uomini e donne seguivano la messa. Fuori dalla chiesa abbiamo visto tanti fucili lasciati lì dagli uomini. Alla fine della messa, i fedeli, che appartengono alle tribù dei Kastrati e dei Kelmendi, riempiono le stradine del paese. La gente del posto usa i vestiti come “distintivo” per far capire a quale tribù appartiene. Tutti gli albanesi si differenziano gli uni dagli altri per via dei loro costumi. I vestiti della zona di Boga consistono in un paio di pantaloni larghi sopra e stretti sotto, bianchi o neri secondo i gusti per gli uomini; invece le donne indossavano degli strani abiti, che svolazzavano in modo curioso mentre esse camminavano. Un uomo dall’espressione seria si è avvicinato ai nostri accompagnatori, i quali provenivano dalle zone di Hoti e Dukagjin. Essi ci avevano salutato baciandoci sulle guance. Il nostro traduttore ci ha spiegato che l'uomo era il bajraktar della zona e da quel momento noi eravamo sotto la sua totale protezione. Oggi, come secoli fa, ogni tribù albanese fa riferimento a un capotribù, il quale guida gli altri capifamiglia della comunità. Questo capotribù viene chiamato bajraktar e cioè “il portatore della bandiera”, colui che porta la bandiera.

Un Bajraktar del Nord con abito tradizionale. (foto: Luigi Pellerano)

Un Bajraktar del Nord con abito tradizionale. (foto: Luigi Pellerano)

Ancora oggi, le tribù albanesi continuano a mantenere viva la tradizione della ospitalità verso gli stranieri; questa non è soltanto un'abitudine tramandata dagli antichi ma è una regola anche feroce, per chi trasgredisce. Questa norma viene rispettata da tutta la tribù e dall’intero paese. Per fare un esempio semplice, in caso di nostra morte per mano di un assassino nella zona controllata dal bajraktar che si era impegnato a difenderci, la situazione sarebbe precipitata e sarebbe diventata un affare personale da risolvere ad ogni costo con una vendetta del bajraktar nei confronti del nostro presunto assassino. Per questo motivo ogni paese si incarica di proteggere i forestieri che passano nella loro zona di influenza. Nonostante gli avessimo detto che noi non temevamo agli agguati, il bajraktar, dopo aver parlato con Gjregj (Giorgio) e Pjetrin (Pietro) - così si chiamavano i nostri accompagnatori - decise di farci scortare da un gruppo di uomini armati fino ai denti. Giorgio era il nostro traduttore; in verità, lo avevamo battezzato noi così perché il suo vero nome era Ndue, pronuncia difficile per noi. Pietro era stato alcuni anni prima in una città del Kentucky. Lui ci parlava spesso di “quei tempi migliori”, quando era arrivato a risparmiare 5000 dollari lavorando in un ristorante; poi, poco alla volta, li aveva persi tutti. Qualche volta, per scherzare, quando ci trovavamo in alta montagna, Pietro gridava: “Un hamburger! Due uova e un caffè!” “Pietro,” domandavamo noi “ci sono veramente i ladri su queste montagne?” “ Sì.” rispondeva lui “Diavolo, se ci sono.”

Gli uomini armati che hanno accompagnato l’autore di questo articolo. (foto: Melville Chater)

Gli uomini armati che hanno accompagnato l’autore di questo articolo. (foto: Melville Chater)

Il grido è “ il telefono” dei montanari

Prima dell'alba lasciammo Boga accompagnati da otto uomini armati. Erano tutti alti, belli e possenti, ed erano entrati a far parte delle truppe armate che difendevano il paese, grazie ad una legge del governo che cercava di colpire i fuorilegge, offrendo lavoro ai giovani dei villaggi. La metà della truppa camminava davanti e sondava la strada impervia dove saremmo passati noi. Ogni tanto gli uomini che camminavano con noi lanciavano un grido acuto e subito dopo uomini che erano nascosti nella foresta e nella montagna vicina rispondevano con altre grida. Questo segnale è il telefono degli abitanti delle montagne, si sente e si trasmette così bene da un’altura all'altra che le novità del giorno si sanno in poche ore in una zona che a noi, per attraversarla, occorsero due settimane. Uno degli uomini che ci accompagnava ci spiegò che se qualcuno grida dalla vetta della montagna, si riesce a sentirlo fino a cinque chilometri di distanza. Durante il nostro viaggio incrociavamo anche altri viaggiatori, sia musulmani che cristiani. Alcuni facevano la stessa nostra strada e, ad un certo punto, la nostra comitiva si incrementò di altre dieci persone e altrettante guardie armate. Un cavaliere aveva un tatuaggio sulla mano destra, usanza questa sulla quale aveva scritto anche Erodoto nella sua trattazione sugli Illiri antichi. Pietro, indicandoci il cavaliere col tatuaggio, mi disse: “È una donna-uomo. Non si sposerà mai.” Al mio sguardo curioso e stupito, Pietro ci spiegò di un'usanza antica di quel posto, che doveva avere un’origine risalente ai tempi delle Amazzoni. Gli abitanti di quelle zone avevano l'usanza di fidanzare i loro figli quando erano ancora lattanti, offrendo un anticipo in denaro alla famiglia della ragazza. Essi danno un'importanza vitale al fatto di avere un erede maschio. Nel caso in cui la ragazza, divenuta adulta, non mantenesse la promessa e la parola data dai suoi genitori e rompesse il fidanzamento, si dovrà allontanare immediatamente da colui che sarebbe dovuto essere suo marito, giurando che non sposerà mai nessuno e rimarrà per sempre vergine. In seguito potrà diventare “uomo”, cioè girare armata e vestire da uomo. Se figlia unica, eredita tutti i beni che appartenevano a suo padre. Alla sua morte, i suoi averi verranno ereditati dal parente più prossimo, ovviamente maschio. Dopo sette ore di viaggio, siamo arrivati ai confini della zona di influenza del bajraktar che si era impegnato a difenderci. Dopo aver salutato gli uomini armati, ce ne siamo andati senza che essi ci chiedessero nemmeno un soldo per la loro protezione: scortandoci, avevano compiuto la loro missione, e cioè ci avevano portati fino ai confini della “loro” zona senza incidenti, che avrebbero comportato per loro disonore e, in seguito, vendetta. Continuammo il nostro viaggio a piedi scendendo giù per la verdeggiante vallata di Shalës. Oramai ci trovavamo nella zona di Dukagjin; Pietro, che era proprio di queste contrade, lanciò un grido acuto per avvisare i suoi che eravamo arrivati. Dopo, entrammo in una casa dalle mura spesse, in cui si trovavano degli uomini armati. In quella casa ci furono offerti pane, zuppa, formaggio e ricotta.

Link sesta parte

Traduzione dall’albanese di Elton Varfi

Link versione albanese: Shqipëria, Mbretëria më e re e Evropës (5)

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