-Prima parte-

Il museo archeologico di Tarquinia è un tesoro di reperti. Ogni piano desta ammirazione e stupore. Ogni reperto narra simbolicamente un frammento di storia che si sviluppa di oggetto in oggetto in una vita vissuta e testimoniata attraverso la bellezza dell’arte.

cavalli alati

I due cavalli sono vivi, palpitanti e potenti, tesi in avanti, come se stessero per lanciarsi verso spazi infiniti. E chi li sta ammirando continua ad ammirarli, in attesa che spicchino il volo. E quando si allontana… lo fa forse perché immagina che siano già volati via in direzione di mondi lontani.

È interessante notare che la stessa espressione artistica di anelito verso l’alto, teso all’elevazione esisteva in Iliria, come dimostra questo cavallo alato del IV secolo a.C. rinvenuto presso la città di Kolonja in Albania:

cavallo alato rinvenuto in Albania

Nel museo di Tarquinia sono particolarmente suggestivi i pensieri tramandati a noi mediante le confessioni dei sarcofagi.

Al pian terreno, nel centro della prima sala, spicca un bellissimo sarcofago bianco. Sopra il coperchio è adagiata una donna. Oltre la sua testa, con la nuca appoggiata allo stesso guanciale, sta un busto di bambino, con un leone a ciascun lato. Le quattro facce del sarcofago sono ornate con figure in bassorilievo lavorate con rara maestria.

Sotto al coperchio è scolpita un’iscrizione bella e interessante, come d’altronde lo sono un po’ tutte:

sarcofago

iscrizione_1

Pelasgo – Etrusco

Albanese

Italiano

CE

qe

era

LOUR

lodhur

sfinita

PARTUNUS

nga pjellje

dai parti

LA

la

lasciò

RISA

risì

gioventù

LIMA

dhima

sofferenze

CLAN

klan

nei familiari

RAMOAS

ra mosh

calati nell’età

CUCLNIAL

kukumal (pirg)

un mucchio

ZILKH

zije

di lutto

CEKHAN

që kjan

piangere

E

e

e

RI

ri

rimane

TENOAS

te ne

da noi

A

a

anche

FIL

bir

il figlio

Ce

che

A

â

è

LOAS

lash

lasciato

KH

koha

tempo (all’età di)

XXXII

32 (?)

32 (anni?)

Si deve ritenere che anche questo messaggio cosi sofferto appartenga a un periodo tardo, non solo per la presenza di numeri romani, ma anche per la latinizzazione di alcune parole, come FIL (filius) e in particolare PARTUNUS (partus) che, per quanto è possibile giudicare dall’albanese attuale, al quale corrispondono tutte le altre parole, non sembra esistesse nell’anticha lingua dei Pelasgo – Iliri.

A destra del dominante sarcofago ora esaminato si trova un coperchio di sepolcro che potrebbe passare inosservato se non si prestasse attenzione al messaggio che reca inciso e che dà un senso di profonda tristezza per questo giovane di 25 anni, che sfinito da qualche malattia portò nel sepolcro la sua gioventù:

iscrizione_2

Pelasgo - Etrusco

Albanese

Italiano

     

CE

qe

Era

LOUR

lodhur

Sfinito

LA

la

Lasciò

RISAL

risin

La gioventù

CLAN

klan

La famiglia

CUCLNIAL

Kukumal

Dal tumulo

THANKH

thatë

Secco

TI LUS

Ti lus

Per lui pregare

LUPU

lypi

Chiesto

A

â

Ha

FILS

fisit

Ai parenti

XXV

25 (?)

25 (anni?)

Il giovane ha chiesto ai parenti di pregare per lui: tutti noi siamo in qualche modo suoi discentendi, e tutti noi leggendo questa iscrizione, ci sentiamo spinti a rivolgere un pensiero di eterna pace a questo giovane prematuramente scomparso.

Tratto dal libro L’etrusco lingua viva dell’autrice Nermin Vlora Falaschi

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